L’uomo è un essere sociale, viene concepito, nasce e si sviluppa grazie al mondo delle relazioni cui appartiene. Queste relazioni veicolano emozioni. Lo stile di queste relazioni plasmerà il mondo interno dell’ individuo. E costituirà il suo modo di relazionarsi con se stesso e con l’altro.
I disagi dell’individuo sia emotivi che fisici spesso risalgono a modelli relazionali disfunzionali, appresi fin dalle origini, portatori di aspetti non digeriti e dolorosi che inconsciamente vengono perpetuati. Con il lavoro terapeutico terapeuta e paziente iniziano insieme a fare i conti con questi aspetti.
Per ogni bambino la relazione con i propri genitori costituisce la base del suo sviluppo. E’ molto importante che i genitori insegnino ai bambini quello che io definisco l’alfabeto emotivo, cioè la capacità di percepire le proprie emozioni, bisogni, desideri, saperli riconoscere, dargli un nome cosi da poterli esprimere. Nell’incontro terapeutico si riparte da questo momento fondante l’individuo se questo passaggio non è avvenuto.
Durante la gravidanza l’embrione è totalmente dipendente dalla donna che lo porta in grembo. Si nutre e si sviluppa attraverso ciò che la madre gli offre, sia dal punto di vista biologico che relazionale. Con la nascita avviene la prima grande separazione tra il neonato e la sua mamma. Il neonato, incapace di sopravvivere da solo, si ritrova catapultato in un mondo che non conosce, che lo terrorizza ed ha bisogno di una mamma che sia in grado di proteggerlo dall’eccesso di stimoli e sappia appagare i suoi bisogni sia fisici che emotivi. Una mamma competente sarà colei che si adopererà per cercare di sintonizzarsi con gli stati mentali e fisici del suo bambino, altro da sé, con bisogni e desideri suoi. Bambino che a sua volta si attiverà anch’egli nella ricerca della sintonizzazione con la sua mamma mettendo in gioco le proprie componenti genetiche e caratteriali che lo rendono unico. Nel neonato l’appagamento dei suoi bisogni fonderà la sua fiducia nella dipendenza dall’altro. Con il progredire della crescita il bambino evolverà con un’alternanza tra bisogno di dipendenza e lenta acquisizione di autonomia rispetto alle figure genitoriali, aprendosi gradualmente al mondo esterno. Fino a giungere all’adolescenza, momento rifondante la sua nascita sociale, con l’acquisizione di un nuovo ruolo sociale non più legato alla famiglia e alle immagini infantili di sé come bambino. Per arrivare infine a quel modo adulto di essere persona, mai definitivo ma in continua evoluzione, teso alla realizzazione dell’individuo in quanto essere unico e autentico.
In questa visione dell’essere umano non va dimenticato che l’individuo è costituito da una mente e da un corpo che sono inscindibilmente legate e comunicano segretamente. Le emozioni percepite dalla persona hanno un effetto diretto sulle funzioni organiche e viceversa. Laddove l’individuo sarà impossibilitato ad entrare in contatto con le proprie emozioni sara’ proprio il suo corpo a metterle in scena con un suo linguaggio specifico diverso da quello mentale. Dovremmo iniziare dunque a ripensare la visione delle malattie del corpo oltre la dicotomia mente-corpo come espressione corporea di un qualcosa dell’individuo che non può più rimanere silente. Al sintomo corporeo peraltro non può essere attribuito un predefinito significato simbolico ma è solo attraverso la ri-costruzione della storia emotiva del paziente che gli si può attribuire il suo valore.
Il percorso terapeutico riattraverserà tutti questi passaggi fondanti lo sviluppo della persona e sarà anche e soprattutto un lavoro di co-costruzione tra terapeuta e paziente di un nuovo modo di stare insieme. Sarà la nascita di una nuova possibilità relazionale basata sul riconoscimento e rispetto reciproco nell’alterità e unicità di ognuna delle persone in gioco. Relazione che, una volta consolidata ed interiorizzata, costituirà un nuovo modello relazionale che la persona avrà a sua disposizione nella sua realizzazione personale.